Cento anni in Amazzonia
Storia della missione dei Frati Cappuccini in Amazzonia
Storia della missione
Cosa avete fatto in cento anni in Amazzonia? Lui sorridendo mi rispose: Siamo rimasti!
Iniziarono subito a lavorare con gli indios e con i coloni, costruendo una struttura sociale che aveva al suo centro una cappella, intorno a cui crescevano villaggi e città, scuole e ambulatori. I missionari si trasformarono in insegnanti, infermieri, carpentieri, agricoltori.
In un secolo, lungo le rive del Rio Solimões, i Frati Cappuccini umbri hanno segnato il territorio con la propria presenza e un’instancabile opera di evangelizzazione e promozione umana, che è arrivata a sostenere il lavoro di recupero di usi, costumi, tradizioni dei Ticuna, secoli prima quasi annientati dall’onda coloniale.

Tra acqua e cielo
Un documentario per raccontare 100 anni in Amazzonia

Il documentario è stata realizzato grazie alla collaborazione con la NOVA-T, il Centro di Produzioni Televisive e Multimediali dei Frati Cappuccini italiani.
Il regista Sante Altizio e la sua troupe, si sono avventurati sulle orme dei primi missionari Cappuccini Umbri, che nel 1909 riuscirono a raggiungere il cuore dell’Amazzonia, e hanno documentato tutte le informazioni che sono riusciti a raccogliere lungo questo viaggio Tra Acqua e Cielo, riproponendo nel filmato i protagonisti di questa storia incredibile: missionari impavidi e la meravigliosa popolazione della foresta più grande del mondo.
Informazioni tecniche
* Durata: 60′ (filmato principale) + 120’ (contributi extra).
* Regia e sceneggiatura: Sante Altizio.
* Fotografia: Liborio L’Abbate e Luca Olivieri.
* Montaggio: Antonella Taggiasco e Antonio Venere.
* Produzione: Provincia Serafica dei Frati Minori Cappuccini dell’Umbria.
* Realizzazione: NOVA‐T.
* Lingue: Italiano e portoghese.
Le opere missionarie
100 anni di Amazzonia – Tra coloni e ticuna
All’inizio del XX secolo l’indigeno era ancora considerato sostanzialmente un selvaggio al quale portare la luce della civiltà occidentale e cristiana. Il mondo indigeno era del tutto sconosciuto ai primi missionari umbri che si avventurarono lungo i fiumi. L’impatto fu sofferto. Ci sono voluti oltre vent’anni perché le due mentalità entrassero davvero in comunicazione e comunione. C’è un’immagine simbolo che racconta la molteplicità dell’Amazzonia: l’incontro del Rio Negro con il Rio Solimões che, a Manaus, dà vita al Rio delle Amazzoni. I due fiumi, uno color argilla, l’altro nero, corrono affiancati per venti chilometri prima di iniziare a fondersi l’uno nell’altro. È la metafora dell’incontro tra due civiltà diverse in tutto, che pian piano imparano a conoscersi. All’arrivo nell’Alto Solimões i missionari incontrarono prima di tutto i coloni che dal nord-est del Brasile erano venuti fino lì a tagliare gli alberi della gomma, poi con i “caboclos”, figli e nipoti di immigrati europei e meticci. Tutta gente che lavorava duramente, ma che sopravviveva appena, priva di tutto o quasi. Poi lo scenario iniziò a cambiare.
Il primo missionario a tessere le fila in modo sistematico e continuo con la cultura indigena fu Padre Fedele d’Alviano. A metà degli anni ‘30 si misurò con la realtà indigena senza remore e pregiudizi. Senza il suo coraggio il rapporto con gli indios Ticuna non sarebbe mai nato. Ha segnato un percorso che altri dopo di lui hanno seguito e oggi continuano a seguire, a Manaus, Remate de Males, Tonantins, Amaturá, São Paulo de Olivença, Benjamin Constant, Santo Antônio do Içá, Belém do Solimões, Tabatinga, Atalaia do Norte, Humaitá, Rorainópolis. Nel Museo si potrà vivere il racconto dell’avventura culturale, religiosa e umana che da oltre cent’anni vede come protagonisti frati e indios.